Bologna: la dotta, la grassa e la rossa.
Una città materna, che ti accoglie, ti sfama e ti riempie gli occhi dei raggi del sole che si riflettono sui tetti color mattone all’ora del tramonto. Che Bologna per te sia “Piazza Grande” o una “50 special” che ti porta in giro per i colli, c’è “soltanto una regola”: riempirsi la pancia.
Non è certo compito nostro spiegarvi che è d’obbligo mangiare la pasta fresca: tortellini, lasagne, tagliatelle al ristorante, in trattoria o per strada, in perfetto stile universitario.
Ma se vi resta un languorino, insomma, quella voglia di dolce, ecco pronta una guida dei più famosi dolci bolognesi.
Torta di riso o torta degli addobbi
La storia della torta di riso inizia nel lontano 1470 ed è legata indissolubilmente alla festa degli “Addobbi”, una ricorrenza che si ispira all’antica processione del Corpus Domini, che ogni parrocchia effettuava ogni 10 anni. Ogni decennio infatti le facciate delle case, delle chiese e i portici della città venivano restaurati e decorati – per l’occasione – con splendidi drappi rossi. In questo clima di festa e di opulenza, la torta di riso non poteva mancare sulle tavole bolognesi.
Si tratta in realtà di un dolce piuttosto semplice, fatto con pochi ingredienti: riso cotto nel latte, uova, farina di mandorle e zucchero. Bisogna però collocarlo nella sua epoca, quando le mandorle e lo zucchero erano alimenti piuttosto pregiati e non facilmente reperibili.
Ha una consistenza un po’ “budinosa“, passatemi il termine, per via dell’assenza della farina. Come tutte le ricette della tradizione, la ricetta della di riso varia da famiglia a famiglia: si possono trovare alcune versioni arricchite con l’aggiunta di cedro candito oppure aromatizzate con scorzetta di limone.
Tagliatelle fritte dolci
Prendete delle ottime tagliatelle, conditele con il ragù. Prendete le ottime tagliatelle che sono rimaste, friggetele, aromatizzatele con arancia e limone e cospargetele di zucchero a velo.
Non ho altro da aggiungere.
Raviola
(con mostarda, marmellata di albicocca, crema o cioccolato)
Sembra un raviolo, ma non è. È dolce ed è femmina. La raviola è una mezzeluna di pasta frolla che racchiude all’interno un ripieno di mostarda bolognese.
Questa “mostarda”, non è proprio come quella che intendiamo noi Lombardi, ma si tratta di una composta più simile a una confettura a base di mele e pere cotogne, polpa e buccia di arancia con l’aggiunta di un mix di spezie che a Bologna chiamano “al Spulvraz” – la polvere. Sta a voi capire cosa c’è dentro…
Tradizionalmente le raviole venivano preparate in occasione della festa del papà, a marzo, o nel periodo pasquale, ma si possono trovare nelle panetterie della città in tutti i mesi dell’anno.
Abbiamo provato le raviole classiche, con la ricetta di Sfoglia Rina – un’istituzione in città – le raviole fritte e le raviole al cacao…
Qual è la vostra preferita?
Pinza bolognese o pinza montanara
La pinza viene nominata per la prima volta nel 1644 dall’agronomo bolognese Vincenzo Tanara, che ne descrive la sua preparazione nella opera letteraria “L’economia del cittadino in villa”.
Questo dolce, preparato nelle campagne bolognesi, anticamente era costituito da un semplice guscio di pasta frolla dalla forma allungata ripieno di uva passa. Attualmente la pinza ha mantenuto la sua forma originale, ma il ripieno si è arricchito con l’aggiunta della mostarda tradizionale – già menzionata come farcitura delle raviole – dell’uva sultanina e, talvolta, anche dei pinoli.
Zuppa inglese
Se il tiramisù è il dolce italiano con l’origine più dibattuta della storia, la zuppa inglese occupa a tutto diritto il secondo gradino del podio. Una delle poche certezze è che questa “zuppa” non ha niente di inglese: si tratta, in realtà, di un dolce italianissimo.
La ricetta nasce nel centro Italia, tra Toscana ed Emilia, ed è frutto di grandi scambi culturali: un cuoco romano che si ispira a un dolce lombardo, con ingredienti della pasticceria italo-francese, che al mercato mio padre comprò.
Non avete capito niente?! Neanche io. Forse per colpa dell’alchermes.
Ma aggrappiamoci ad un’altra – seppur minima – certezza: la zuppa inglese si distingue per la sua bagna all’alchermes, un liquore di gusto secco, a base di cannella, chiodo di garofano, acqua di rose e cardamomo dal tipico colore rosato dato dalla cocciniglia, un colorante rosso.
Durante la nostra breve gita bolognese, ne abbiamo assaggiata una versione classica, che prevede l’alternarsi di uno strato di pan di Spagna (o di savoiardi) imbevuti di alchermes a uno di crema pasticciera alla vaniglia e cioccolato e una versione moderna, con una base di bavarese ricoperta da una glassa all’alchermes.
Vi confesso che, come tutti i dolci con bagna alcolica, la zuppa inglese non è proprio la mia cosa preferita…
E voi, di che team siete? Dolci alcolici o dolci per tutti? 👶🏻